Riflessioni a quattro mani di Brigitte Moretti e Olga Pasquini
Uno spazio di fiducia
La qualità del tocco nel quotidiano imprevedibile
Riflessioni e spunti sull’integrazione tra il Focusing e il lavoro corporeo rivolto a tutte le colleghe e i colleghi e a tutti coloro che si muovono in questi ambiti.
Di Brigitte Moretti (fisioterapista per l’infanzia e insegnante Metodo Feldenkrais®) e Olga Pasquini (operatrice e insegnante Shiatsu, insegnante Metodo R.E.S.) , entrambe trainers di Focusing.
Ascoltandoci abbiamo riconosciuto il bisogno di sostenere la ricerca solitaria che ognuna di noi due vive nel proprio ambito professionale.
Ci siamo incontrate “nuovamente” nella formazione al Focusing e abbiamo iniziato un processo di dispiegamento delle nostre competenze e esperienze prima individualmente, poi condividendole e ora anche intrecciandole…
Il Focusing ci permette di creare e riconoscere uno spazio di scambio comune, libero e sicuro. All’interno di tale spazio abbiamo iniziato ad esplicitare alcuni aspetti di tutto ciò che accade durante il nostro lavoro con le singole persone/bambine/i, o con i gruppi, che a nostro avviso sono a volte trascurati o dati per scontati.
Qui di seguito ci soffermiamo su gli aspetti per noi centrali in questo momento.
La pausa: un tempo dedicato
La pausa nel focusing è centrale, uno spazio “vuoto”, una dimensione nuova: come l’attesa davanti a qualcosa che si quieta, che tende in questa direzione…oppure una sosta nel bel mezzo di una tempesta…
La pausa è imprescindibile e ha una particolare qualità e caratteristiche. Non è solo rimanere in silenzio, ma è quello che facciamo e siamo in questo silenzio.
Questo spazio è importante sia nella fase precedente l’incontro sia durante l’incontro con una persona che si affida a noi e alle nostre cure.
Nel primo caso, la pausa ci permette di “sgombrare lo spazio”, mettendo da parte dinamiche del nostro vissuto, che si ripetono anche in modo abitudinario, e meccanismi che ci possono incastrare e imprigionare in modalità costruite. Inoltre ci permette di riconoscere la nostra disposizione ad accogliere.
Davanti al flusso inarrestabile delle parole di una persona, la pausa può essere utilizzata per assaporare e cogliere il nocciolo di una questione e può essere proposta chiedendo di poter ripetere quello che la persona ha detto.
Se tutto questo avviene all’inizio del trattamento/processo la pausa è produttiva sia per lo stato di sollievo che può generare sia per prendere una direzione piuttosto che un’altra.
Nel lavoro con i bambini la pausa è una dimensione attiva, è parte di un ritmo che scandisce l’interazione, il gioco…Per esempio, quando in un bambino o una bambina si scatena una “tempesta neuromotoria”, la qualità della pausa consente di “stare”, stare in contatto, stare “con”.
Nell’arco di un incontro la pausa può servire anche più volte per riportare attenzione e bilanciare la sensibilità su due o più fronti.
La pausa è una creatrice di presenza.
L’ascolto empatico: un canale per lo “stare con”
Le parole “ascolto”, “empatia”, “ascolto empatico”, “ascolto attivo” si stanno sempre più diffondendo e, a volte, vengono utilizzate in modo eccessivo.
Attraverso la pratica del Focusing queste parole diventano esperienza tangibile e concreta, che si può radicare nel corpo.
Quando incontro bambini piccoli o neonati, la preparazione, l’ascolto che offro a me stessa, è oggi parte integrante del mio modo di lavorare. Da tempo mi accorgo come i bambini, anche gravemente compromessi, avvertono il clima favorevole, di accoglienza e fiducia che ne deriva. Un clima che, a nostro avviso, sostiene e promuove i processi di apprendimento.
Per noi la fiducia è intrinseca agli organismi viventi. A volte langue, ma è indispensabile per poter lasciare andare il superfluo (..) e procedere.
Nel cercare un contatto attraverso lo sguardo, voglio essere aperta e non-giudicante, non-valutante, perché voglio offrire al bambino la possibilità di stare con ciò che c’è e tutto se stesso, in modo semplice e naturale.
Attraverso il mio tocco empatico posso porre una domanda, posso attendere, sostenere, lasciarmi guidare, riflettere, proporre… – soprattutto per proteggere un processo già in atto.
Nella mia esperienza un bambino che si trova ad affrontare uno sviluppo di crescita tortuoso, almeno inizialmente, non vuole essere aiutato a fare ciò che non sa fare come gli altri, ma ci vuole presenti in modo particolare, non sempre uguale, ci vuole adattabili, pronti a raccogliere le sfide che via via si presentano, insieme…ci vuole sentire co-involti (..) eppure indipendenti.
Un aspetto importante dell’ascolto empatico è la ripetizione letterale di alcuni passaggi nodali che la persona esprime sia in modo verbale che altro (gesti, ambito di interazione) anche mettendo un po’ da parte il proprio ruolo o il programma/obiettivo terapeutico.
Non pensiamo si tratti di saper interpretare ciò che sta avvenendo, ma diamo importanza a ciò che la persona dice, chiede, ..
Ci interessa non tanto capire, quanto permettere alla persona di stare nel suo essere/organismo con quel che arriva da un referente interno, che può essere finalmente riconosciuto e integrato.
Ci sono tutta una serie di azioni, gesti, parole, che aiutano la persona a stare con.
Riconoscere: un’ancora potente
“Come ti senti?” è una domanda che, a volte, non trova facilmente risposta se non “bene”, “ male “ o “normale”.
Con il Focusing è molto agevole tentare risposte più esplorative, ampie, che possano lasciare per un po’ da parte la logica pura.
Darsi tempo per provare insieme a trovare simboli che possano aiutare a “rendere” e descrivere uno stato, non solo come è nel presente, ma anche come era in passato. Riconoscere e dare forma alle differenze diventa un’ancora potente, se fatto senza sforzo.
Alle volte, con il tocco, le emozioni e i ricordi emergono e, con il Focusing, si possono sostenere e riconoscere. Decidendo di accoglierle o meno si entra in uno stato particolare di presenza che tende ad ampliarsi.
Tocco e Focusing: un ascolto parallelo e contemporaneo
Quando si integra il Focusing nel proprio ambito professionale è utile attivare un ascolto parallelo e contemporaneo, senza pensare a separare o a differenziare. Per fare questo è importante riconoscere e sentire quando alcuni elementi del Focusing sostengono il contatto.
Per esempio, per noi adulti non sempre è facile “prendere” un trattamento Shiatsu o un massaggio, decidere semplicemente di dedicare tempo alla cura del nostro corpo. Spesso c’è uno spazio interno trascurato e inascoltato, che da origine a un’infinità di sensazioni, percepite come peso, emozioni disturbanti, distrazione, ansia, eccitazione…
Riuscire a contattare quello che ci stiamo portando addosso attraverso le parole e/o il tocco, durante le varie fasi del trattamento, dona grande sollievo e agio. Dopo aver sperimentato un primo sollievo, arrivano spiegazioni più a portata di mano e più note.
L’interlocutore focuser ascolta, rileva e rimanda lo stesso contenuto in un modo speciale, che favorisce la creazione di uno spazio nuovo. E’ in questo spazio che la persona può verificare e sentire che ci sono anche altre possibilità.
La possibilità di stare con questo ascolto parallelo mentre si è trattati porta a un risultato di completezza e unità, che permette di essere compresi e non interpretati.
Attraverso il tocco entriamo in contatto con la persona. Il nostro tocco preciso e delicato illumina qualcosa… un punto, una zona, un tratto. L’attenzione si orienta naturalmente nel punto di contatto, nella direzione e/o zona “illuminata”, ma anche verso l’origine, verso l’operatore che agisce il tocco.
Da quel momento in poi siamo due entità collegate fisicamente, in dialogo profondo. L’attenzione e l’ascolto si muovono su diversi piani contemporaneamente, si allargano per sentire l’insieme e si restringono per cogliere un dettaglio, si spostano verso il proprio sé o/e verso l’altra persona, si possono attenuare e riaccendere…
Siamo organismi viventi capaci di ascolto ed elaborazioni sorprendenti!
Le bambine e i bambini sono abilissimi a sentire come sta e si pone chi interagisce con loro, mentre sono in contatto con loro stessi, anche quando sono affetti da patologie, seppure in modo diverso. Dobbiamo forse partire proprio da questa fiducia nell’altro a prescindere da una diagnosi clinica.
Il tocco è una modalità che, ogni volta, assume mille forme e integrato con il Focusing apre spazi non previsti e imprevedibili, che rendono il nostro lavoro una sperimentazione quotidiana in viaggio verso mondi sconosciuti.