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Cinque argomenti di filosofia di cui parlare per comunicare con i colleghi che non conoscono il Focusing

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di Eugene Gendlin, Ph.D
( “Five philosophical talking points to communicate with colleagues who don’t yet know Focusing” –  in STAYING IN FOCUS, The Focusing Institute newsletter, gennaio 2004)
traduzione di Serena Castaldi

E` difficile parlare di Focusing e del nostro complessivo approccio al vivere con i nostri colleghi, perché non ci sono termini nel linguaggio comune per esprimere queste novità. L’uso comune del linguaggio contiene presupposti che ci impediscono di comunicare ai colleghi il nostro modo di pensare e di agire.

Chi ha familiarità con Focusing probabilmente troverà che i cinque punti qui illustrati sono ovvii; ben noti a quelli che praticano Focusing. Ma, cari amici, quale è l’esperienza, quale è il linguaggio, quale il corpo, quali i valori che rendono anche solo possibile Focusing?

Forse voi non sentite il bisogno di interrogarvi e pensare a questo argomento, ma per andare verso una modifica dei valori è necessario rivolgersi a un pubblico più vasto. Da ciò dipende come vengono trattati gli esseri umani in ogni ambito, personale, degli affari, politico ed economico, e fa si che il mondo migliori.

Pensare e parlare dell’esperienza, del linguaggio, del corpo, dei valori, del pensiero, è filosofia.  I cinque punti sono filosofia. Non pretendo che ognuno di essi sia chiaro, accessibile o espresso nel migliore dei modi. Trovate voi il modo di comunicarli come meglio potete.

  1. LA INTRICATEZZA DELL’ESPERIENZA E` SOTTILMENTE ORDINATA, MA INCOMPLETA
  2. SONO POSSIBILI NUOVE ESPRESSIONI LINGUISTICHE
  3. L’INTERAZIONE E` PRIMARIA: IL CORPO E` IL SUO AMBITO E IMPLICA I PASSAGGI SUCCESSIVI
  4. L’ESPERIRE E` “INTRINSECAMENTE” VALUTARE
  5. IL PENSARE PUO` TROVARSI AL PUNTO DI EMERGENZA DI NUOVE FORME

1. L’ INTRICATEZZA DELL’ESPERIENZA E` SOTTILMENTE ORDINATA, MA INCOMPLETA

In genere il mondo pensa e agisce in termini di cose fornite di forma, di modelli, unità, entità.  Ciò che non ha forma è considerato disordine, “eccedenza”, flusso, o, nella migliore delle ipotesi, un insieme privo di precisione. Invece noi sosteniamo che ciò che non ha ancora preso forma appartiene a un ordine più grande, più sottilmente differenziato di qualsiasi forma o concetto, e tuttavia incompleto. Ma più ordinato eppure incompleto è un concetto molto nuovo, difficile da afferrare e da credere.

Ogni situazione e argomento contengono un ordine più intricato ma incompleto in base al quale di solito si pensa e si agisce. Possiamo far notare che questa intricatezza incompleta non è affatto arbitraria, facendo presente ai nostri colleghi come per lo più quello che facciamo, diciamo o pensiamo risulta errato. Non sarebbe così se, oltre a quello che è già predeterminato, ci fosse solo disordine. Se l’intricatezza fosse semplicemente disordine, non ci sarebbe nulla  in grado di ribattere che il pensiero appena formulato è sbagliato. E` difficile trovare un ulteriore passaggio che non produca un esito indesiderato, o [che non porti a] niente del tutto. Ciò ci induce a dire che quello che non ha forma è ordinato in modo molto rigoroso, anche se incompleto rispetto all’essere fornito di forma. E` incompleto, ma ci dà un preciso feedback e dà luogo a nuovi passaggi. Escogitare quella particolare concezione e operazione capace di penetrare ciò che appariva confuso e contraddittorio è un lavoro faticoso. E` il lavoro compiuto dalla scienza nel costruire apparecchiature e far previsioni. Queste invenzioni sono nostre “costruzioni”, ma non sono certo arbitrarie.

Ai più ciò che non ha ancora preso forma e non è noto appare privo di significato. Ma attraverso [la pratica di] Focusing ci si familiarizza con qualcosa che non è noto né puramente ignoto e neppure è una via di mezzo: è invece qualcosa di diverso. Sotto o dietro a tutte le forme che prendono forma e alle cose che pensiamo e percepiamo, c’è un esperire denso e percepito direttamente. L’esperire “più ordinato e tuttavia incompleto” si può percepire direttamente.

Non è lo stesso per tutti, per alcune persone questa dimensione è familiare e vi accedono continuamente; mentre ad altre appare misteriosa, un puro postulato, lontano dalla realtà vissuta. Chi usa Focusing (o questo stesso tipo di attenzione al corpo, con un altro nome) trova che questo modo di esperire è ordinato in modo preciso e rigoroso, e tuttavia esige un ulteriore passaggio che non esiste ancora. Questo tipo di esperienza può evolvere, ma solo se quel che si dice, pensa o fa è “proprio giusto”; eppure ciò che è giusto non esiste ancora, e nessuno può sapere esattamente cosa “giusto” venga a significare in ogni istanza specifica. Noi Focalizzatori abbiamo una nozione di cosa siano questo “evolvere” e questa “cosa giusta”, ma per molti queste suonano come assurdità.  Dobbiamo spiegargli come ciò sia possibile.

Prima che il senso corporeo “si apra”, normalmente facciamo molte ipotesi su quello che pensiamo ”potrebbe” essere il suo significato. Dobbiamo dire alla gente che c’è una differenza chiaramente riconoscibile fra queste ipotesi e ciò che veramente deriva dal senso corporeo.  Entrare nel senso corporeo consiste in una conversazione, un via vai a “zig zag” fra questo ordine direttamente percepito e un consapevole prestar attenzione e pensare-tradurre in parole.  Quando emerge un nuovo passaggio nel pensiero o nell’azione, comunemente si dice che “va bene” o “si accorda” alle implicazioni a cui si era già arrivati; ma questa ovviamente è una descrizione sbagliata! C’è una particolare specifica relazione fra il nuovo passaggio e ciò a cui si era arrivati in precedenza, ma il nuovo passaggio non era già lì in attesa di essere scoperto.  Non è che esistesse già, ma nascosto e coperto. Il passaggio, quello che noi diciamo o facciamo, non è un’immagine o una rappresentazione dell’implicare che c’era prima. Non è come quando il pezzo di un puzzle sta giusto nel posto in cui mancava. L’implicare comporta sempre un di più rispetto a ogni forma, tuttavia non è ancora la forma necessaria. Dunque come bisogna chiamare questa “relazione [con una cosa che] che sta giusta”. L’esperienza che facciamo non è copiata, né rappresentata, ma “portata avanti”. Una volta che lo abbiamo spiegato, la gente comincerà a usare questo nuovo termine perché esprime un qualcosa di cui ha conoscenza.

Gli intellettuali sono addestrati a prescindere da sé (quelle sono solo faccende personali) per operare liberamente secondo concetti a loro già noti. Ma i concetti che gli stanno a cuore portano con sé l’intricatezza dell’esperienza. Se ci rivolgiamo a quella intricatezza, scopriamo con maggiore esattezza come quel concetto o affermazione operino in questo momento, in questo preciso contesto, in questa conversazione. E` nel particolare modo in cui viene usato che è possibile scoprire esattamente cosa è importante, per che cosa abbiamo bisogno di quel concetto o affermazione, perché lo difendiamo, come abbiamo intenzione di usarlo. Penetrare nell’intricatezza rivela che quello che veramente vogliamo dire quando usiamo un certo concetto non è una ”faccenda personale”, ma riguarda un valore condiviso, perché coesiste nello stesso universo in cui vivono anche gli altri. E se è nuovo è senz’altro rilevante anche per loro.

Di solito quello che intendiamo per “significati condivisi” sono i luoghi comuni. Quando ci si esprime in termini generici quello che si vuol dire viene frainteso e, se non ci si esprime a partire dalla intricatezza della propria esperienza, non si è in grado di difenderlo. Da significati generici si può solo procedere su uno o l’altro dei ben noti binari pre-esistenti, dicendo la prossima cosa che di solito si dice, se si è al corrente delle argomentazioni tipiche di quel gruppo. Le affermazioni generiche possono essere fondamentali e potenti, ma solamente se attraverso l’esperienza si penetra la differenza che esse apportano al contesto. In questo caso esse aprono strade da perseguire verso una nuova profondità e precisione, che ci mettono in grado di esprimerci con parole e concetti nuovi. Usare Focusing in questo modo nel corso delle nostre discussioni con gli altri può invitarli ad entrare nel significato generato dalla loro esperienza che è sempre presente, insieme ai termini generici già noti.

2. SONO POSSIBILI NUOVE ESPRESSIONI LINGUISTICHE

Un senso corporeo può rimanere chiuso o bloccato quando diciamo o pensiamo quello che probabilmente è il suo significato. Poi proviamo un’altra frase e un’altra ancora finché una è confermata dal senso corporeo. Con Focusing si scopre che c’è una continuità interiore fra senso corporeo, parole e frasi [che lo esprimono]. Anche più sorprendente è il fatto che quel che noi sentiamo che viene confermato esercita un effetto sul senso corporeo. Proprio quando si esprime quel che è o era vero, esso può cambiare, ma non in un modo qualunque. Una frase confermata modifica il senso corporeo nel modo in cui esso richiedeva o implicava. Il senso corporeo implica il linguaggio.

Il linguaggio è radicato nel corpo umano. Bambini allevati parlando un semplice dialetto creano sintassi complesse. La storia, la cultura e il linguaggio sono intrinseci a ogni esperienza o situazione. Siccome ogni esperienza contiene implicitamente un’espressione linguistica, nuove esperienze modificano il linguaggio implicito e da questo è possibile ricavare nuove espressioni. E, quando esse vengono espresse, portano avanti ulteriormente la nuova esperienza.

Quando ci sembra di fare esperienza di qualche cosa “che non ha” parole, è solo perché non ci sono ancora parole, locuzioni e frasi ratificate che la portino avanti. Se non ci sono ancora espressioni ratificate possiamo lasciar emergere nuove espressioni metaforiche. Con Focusing e THINKING AT THE EDGE, TAE, (PENSARE AI CONFINI) si può insegnare come si fa.

Ecco, in breve, una parte di TAE. Innanzi tutto devi riconoscere che nel dominio pubblico la parola per te più importante non significa quello che intendi tu, perché ha già un diverso significato prestabilito. Trova due parole alternative.

Riconosci che per qualche motivo neanche esse esprimono adeguatamente quel che vuoi dire. Poi, separatamente per ciascuna delle tre parole, chiediti: “che cosa volevo dire con questa parola?”  In  risposta al porsi questa domanda secondo la metodologia del Focusing per ognuna delle tre parole potranno emergere nuove  espressioni metaforiche fresche e ricche di colore. Emergono nuove frasi nelle quali ci sono nuove e insolite relazioni fra le parole più significative. Non le perdere. Evita di dare per scontate le solite relazioni fra le parole più importanti. Invece datti il compito di formulare il nuovo modello implicito fra i nuovi termini.  Facendolo entri nell’intricatezza dell’esperienza. E quando ascolti altre persone le puoi invitare a fare la stessa cosa. Ecco in un paragrafo il nocciolo della nostra nuova pratica, TAE.

Ma abbiamo veramente bisogno di questa nuova forma di linguaggio?  Si !!!  Vi supplico di non tentare di dire cose nuove senza permettere alle parole di operare in nuove locuzioni e frasi. L’esito delle vecchie espressioni è di riportarci su vecchi binari. Partendo dalle vecchie locuzioni non si può cogliere, scoprire o sviluppare ciò che c’è di nuovo in quel che si vuol dire.

Vi darò alcuni esempi di come le parole, nel contesto delle espressioni abituali, vengono ad esprimere ciò che probabilmente non volevi dire.

Quando usi le parole “soggettivo” o “intersoggettivo” ciò che normalmente viene inteso è che il significato delle nostre esperienze non corrisponde a realtà. La parola “soggettivo” attribuisce realtà al cosiddetto “oggettivo”.

La parola “coscienza” suggerisce l’idea di qualcosa di superfluo, un osservatore interno senza il quale tutto POTREBBE procedere allo stesso modo. Ci sarebbe bisogno di espressioni tipo “la capacità di percepire degli animali che dà origine al modo in cui ci muoviamo” o “l’auto-coscienza umana delle cose”. Solo un’espressione insolita è in grado di comunicare che nulla rimane uguale con o senza la coscienza.

I “valori” sembrano essere un qualcosa da aggiungere ai fatti, come se i fatti fossero privi di valore. Così sembra che i “valori” siano residui privi di realtà, che vengono aggiunti, introdotti su fatti pre-esistenti.

Il problema non sono le parole in se stesse. Abbiamo sempre e solo le stesse vecchie parole che costituiscono il nostro linguaggio. Le parole, come vengono comunemente usate, comportano un LORO PARTICOLARE significato, a meno che non creiamo delle circonlocuzioni e delle storie che mettano in grado una parola di trasferire il suo abituale contesto nel nostro nuovo contesto, “innestando” vecchio e nuovo così da far emergere il nostro nuovo significato. Ovviamente “innestare” è una vecchia parola che in questo contesto assume un significato nuovo.

3. L’INTERAZIONE E` PRIMARIA: IL CORPO E` IL SUO AMBITO E IMPLICA 

I PASSAGGI SUCCESSIVi

Dallo studio del corpo come se fosse una macchina si ricavano molte informazioni importanti.  Ma altri approcci rivelano altre dimensioni del corpo.

C’è una versione corporea di ogni situazione e rapporto che viviamo. Con Focusing possiamo formare un senso corporeo di ogni sfaccettatura della nostra situazione a partire dalla sua versione corporea. Questo senso corporeo è un’intricatezza dell’esperienza.

Che cosa è un corpo vivente che porta in sé l’intricatezza della nostra situazione?  Come è anche solo possibile Focusing?  Se si ha solo la solita comprensione del “corpo”, Focusing deve essere una specie di allucinazione. Secondo i vecchi concetti si dirà che Focusing è “soggettivo”. Ma è chiaro che se la situazione è contenuta nel corpo, il senso corporeo non è soggettivo. E` dunque oggettivo?  No, neanche quello, dato che “oggettivo” indica le unità e i modelli ai quali la scienza riduce tutto quel che prende in esame. Noi siamo in grado di formulare una nuova scienza che non sia né soggettiva né oggettiva, e neppure entrambe le cose. Il corpo E` un processo che interagisce con l’ambiente, e quindi il corpo E` la situazione in cui si trova. Il corpo non è una cosa sigillata qua, con una situazione esterna là, di cui fa una mera interpretazione. Invece, anche prima che noi pensiamo o parliamo, il corpo vivente è un processo di interazione con quella situazione.  La situazione non è fuori, né dentro. Le “cose” esterne e le “entità” oggettive derivano da uno specifico processo di interazione con la vita (che esse sempre portano in sé).

Dobbiamo cambiare i presupposti intrinseci ai nostri concetti fondamentali. Le entità da cui partiamo devono essere corpo e ambiente come un unico evento, non i concetti oggi abituali che li presentano come separati. E devono essere non solo ciò che semplicemente “è”, ma anche quel tipo di ordine più sottilmente organizzato ma incompleto che io chiamo “implicare”. Ogni piccola parte del corpo ne costituisce l’ambito e implica il suo successivo divenire. I nostri concetti devono venir ristrutturati in modo che ciò che è, è anche sempre un implicare.

Se vogliamo pensare e parlare del corpo come lo cogliamo nel Focusing, non possiamo usare i vecchi concetti e le espressioni che dividono tutto.  Non possiamo parlare del corpo che sta qui dentro all’involucro della pelle e usa cinque sensi separati per percepire qualcosa che sta là, e poi lo interpreta e quindi fa una cosa. Dobbiamo dire ai nostri colleghi che il corpo fisico E` sempre già un fare-con altri, e perciò può generare successivi passaggi di processo del tessuto, del comportamento, dell’ azione umana e del discorso.

4. L’ESPERIRE E` “INTRINSECAMENTE” VALUTARE

Dobbiamo descrivere come gli esseri umani si aprono e diventano bellissimi quando vengono ascoltati. L’ascolto ci rivela che la natura degli esseri umani non è affatto uguale al contenuto della socializzazione. E` una profondità di ricchezza che ha bisogno solo di interazione ricettiva per dischiudersi, passo passo, a uno sviluppo creativo auto-rettificantesi con desideri scoperti di fresco, un’etica personale e un lavoro unico al mondo. Quali nuove espressioni e frasi possiamo formulare per parlare di questa natura umana? In sé stesso il processo della scoperta di certe cose comporta un senso di giusto o sbagliato, non [conduce] solo a quello che ci fa piacere, ma spesso a passi nuovi e difficili tesi a un avanzamento della vita.

Non esiste un contenuto umano universale [valido] per tutte le culture o gli individui. Nel corso dell’interazione, noi “innestiamo” per creare nuovi significati in ciascuno. Quando parliamo l’esperire è “portato avanti”.  Le parole sono “implicitamente risistemate” nel corpo, cosicché ne “emergono” nuove frasi. I significati grezzi socialmente-condivisi non creano la natura umana, anche se ci forniscono dimensioni essenziali come il linguaggio e i modelli culturali. Le vere interazioni sono più intricate. La loro intricatezza è implicitamente vissuta nel nostro corpo. Non è necessario che la sollecitudine verso gli altri ci venga insegnata, è implicita nel nostro stesso essere. Gli altri e il mondo sono già impliciti nel nostro esperire corporeo, come scopriamo quando ci entriamo e pensiamo attraverso di esso. Allora emergono modi di relazionarsi e di agire che sono di gran lunga preferibili alle grezze e per lo più artificiose routines e modelli di azione che le culture ancora insegnano.

5. IL PENSARE PUO` TROVARSI AL PUNTO DI EMERGENZA DI NUOVE FORME

C’è un ordine superiore al di là dell’alternativa fra forme consolidate e disordine. Possiamo spostare la base del pensiero umano al punto di emergenza dove nuovi termini sorgono dall’interazione (lo “zig-zag”, la conversazione, l’avanti indietro…) fra ciò che diciamo e la reazione che ne riceviamo dall’intricatezza implicita.

Per fare questo cambiamento non c’è bisogno di rinunciare ai concetti e agli approcci che abbiamo già. Ogni concetto che si sia trovato motivo di impiegare diventa più utile e penetrante se si entra nella intricatezza nella quale il concetto effettivamente funziona. Come detto sopra, questa intricatezza ci permette di enunciare quel che ci sta a cuore nell’operare del concetto, quale dei suoi vari effetti è quello voluto e di generare nuovi termini per mettere gli altri in grado di coglierlo.

Questo inoltre ci rende curiosi e aperti a scoprire come operano i concetti apparentemente contradditori impiegati dagli altri, quali cose gli permettono di scoprire nell’intricato esperire. Una volta formulati, i concetti si contraddicono l’un con l’altro, ma i loro effetti concreti nell’esperire non sono mai contradditori e anzi portano a nuove implicazioni e aperture. Offrono la motivazione a scoprire, qualora un rivale sia in grado di coglierle, articolarle e mostrarcele, le intricate ragioni basate sull’esperienza che lo inducono a sostenere la sua posizione e tuttavia sentirsi nel giusto. Nel corso di questo processo entrambi abbiamo la possibilità di scoprire aspetti della vita e del mondo potenzialmente importanti per tutti noi e anche ulteriori passaggi.  Tutte le affermazioni che ho fatto finora non costituiscono forse delle “posizioni” consolidate? Si potrebbero considerare a questa stregua, ma per favore non consideratele solo posizioni consolidate. Consideratele come prodotti emersi dall’intricatezza. Lasciate che vi guidino nell’intricatezza incompleta alla quale tendono o dalla quale parlano. Potrete forse trovarci più di quel che ci ho trovato io. Potrete scoprire come modificarle o svilupparle. La scoperta dell’intricatezza implicita del proprio pensare è stimolante, per tutti !

In base a quello di cui abbiamo parlato si può formulare una nuova terminologia capace del potere della logica, ma anche capace di riportare direttamente alla intricatezza, da cui deriva e all’interno della quale si trova ad operare. E` un tipo nuovo di logica, che richiede un nuovo termine.

Spero che proviate a sperimentare uno o l’altro di questi punti con alcune persone e poi ci facciate sapere che succede, mandando e-mail a: philosophyteam@focusing.org

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