di Ann Weiser Cornell
traduzione di Letizia Baglioni
Ci sono tre qualità o aspetti chiave che caratterizzano il Focusing rispetto ad altri metodi di consapevolezza interiore e di crescita personale. Il primo è ciò che si definisce “felt sense” [sensazione significativa]. Il secondo è una particolare modalità di attenzione deliberata e accettante rivolta all’interno. Il terzo è una filosofia radicale dei fattori che facilitano il cambiamento.
Consideriamoli uno alla volta.
Il processo del Focusing richiede di entrare dentro il proprio corpo e individuare un tipo particolare di sensazione fisica che definiamo “felt sense”. Eugene Gendlin è stato il primo a chiamarlo così e a richiamare l’attenzione sulla sua esistenza, anche se gli esseri umani ne fanno esperienza fin dagli albori dell’umanità. Un “felt sense”, per dirla in parole semplici, è una sensazione fisica dotata di significato. Di sicuro avrete notato una sensazione significativa di questo tipo in qualche occasione della vostra vita, o forse ne fate esperienza spesso.
Immaginate di stare parlando al telefono con una persona cara lontana di cui sentite molto la mancanza, e che nel corso della telefonata veniate a sapere che non la rivedrete presto. Riagganciate il ricevitore con una sensazione di peso nel petto, forse all’altezza del cuore. Oppure, vi trovate in una stanza piena di persone dove ciascuna dovrà prendere a turno la parola; mentre si avvicina il momento in cui toccherà a voi vi sentite stringere lo stomaco, come se caricassero un apparecchio a molla. Oppure, ha appena smesso di piovere e uscite a fare una passeggiata, l’aria del mattino è fresca e il cielo azzurro; arrivati in cima a una collina vi si para di fronte un arcobaleno perfetto che tocca terra da entrambi i lati e mentre vi fermate ad ammirarlo sentite il petto dilatarsi in un’onda di espansione e calore. Tutte queste sono sensazioni significative.
Se vi muovete unicamente sul piano delle emozioni, la paura è paura. E’ soltanto paura, niente di più. Se invece vi muovete sul piano della sensazione significativa, avvertirete che questa paura, quella che provate adesso, è diversa dalla paura che provavate ieri. Forse la paura di ieri era come un masso gelido nello stomaco mentre quella di oggi è come un rintanarsi, un ritrarsi. Restando in contatto con la paura di oggi, cominciate ad avvertire qualcosa che è come una creatura timida rintanata in una grotta. Avete l’impressione che se le fate compagnia per tutto il tempo che occorre potreste anche scoprire il reale motivo per cui è così spaventata.
Spesso la sensazione significativa è sottile e se le prestate attenzione vi accorgerete che è complessa. Che contiene dell’altro. Il nostro vocabolario emotivo riporta i nomi delle emozioni ricorrenti, ma le sensazioni significative sono una diversa dall’altra. Si può comunque partire da un’emozione e poi entrare in contatto con la sensazione significativa corrispondente, così come la si percepisce nel corpo adesso.
L’esplorazione di sensazioni significative non viene insegnata dagli altri metodi. Nessuno, al di fuori del Focusing, parla di quella dimensione dell’esperienza che non è emozione e non è pensiero, che è sottile eppure concretamente esperita, assolutamente e fisicamente reale. L’esplorazione di sensazioni significative è una delle caratteristiche distintive del Focusing.
Il secondo aspetto del Focusing è una particolare modalità di attenzione deliberata e accettante rivolta all’interno.
Nel processo del Focusing, dopo aver preso coscienza della sensazione significativa le si presta un tipo particolare di attenzione. Per spiegare di che si tratta io dico spesso che “ci fermiamo a fare la sua conoscenza”. Questa qualità di attenzione mi piace definirla come “una curiosità interessata”. Portando questa curiosità interessata nel rapporto con la sensazione significativa si resta aperti a recepire quello che c’è ma non ha ancora trovato parole. Questo processo di ricezione richiede tempo, non è istantaneo. Quindi idealmente siamo disponibili a prenderci il tempo che occorre, ad aspettare, sulla soglia dell’ancora sconosciuto, con pazienza, accettazione, curiosità e apertura. Lentamente, si comincia a recepire dell’altro. E’ un po’ come entrare in una stanza buia e mettersi a sedere, e mentre gli occhi si abituano all’oscurità cogliere la presenza di qualcosa che prima sembrava non esserci. Viceversa, uno potrebbe entrare e uscire di corsa dalla stanza senza darsi la pena di recepire alcunché. E’ quel darsi la pena, è l’interesse, il desiderio di sapere di che si tratta, a produrre nuova conoscenza.
Non si cerca di cambiare le cose. Non si manipola nulla. In questo senso è un processo all’insegna dell’accettazione. Accettiamo che questa sensazione significativa sia qui, così com’è, adesso. Ci interessa sapere com’è. Vogliamo conoscerla, proprio così com’è.
Tuttavia c’è qualcosa di più della semplice accettazione. Questa attenzione curiosa e interessata rivolta all’interno contiene anche una fiduciosa aspettativa che la sensazione significativa possa cambiare a modo suo, che sia in grado di fare quello che Gene Gendlin definisce “passi”. Cosa significa “fare dei passi”? Il mondo interno non è mai statico. Quando lo si investe di attenzione si dispiega, si muove, si trasforma nel suo passo successivo.
Facciamo il caso di una donna che sta focalizzando su una sensazione pesante nel petto che lei mette in relazione con il suo rapporto con un’amica. Di recente la donna si è licenziata ed è appena venuta a sapere che l’amica in questione ha fatto domanda per quel posto. Si è detta che non aveva importanza, ma la sensazione che qualcosa non va è rimasta. Ora si mette seduta a focalizzare.
Porta l’attenzione in quell’area del corpo che comprende gola, petto e addome e dopo poco nota questa sensazione pesante che è stata lì per tutta la settimana. Le dice ciao. La descrive con parole nuove: “Pesante… è anche tesa… soprattutto nello stomaco e nel petto”. Poi si ferma a fare la sua conoscenza. E’ interessata e curiosa. Notate come interessata e curiosa siano l’opposto di quel che aveva fatto prima, cioè dirsi che non ha importanza. Resta in attesa, con questa attenzione deliberata e accettante.
Riesce a cogliere che questa parte di lei è arrabbiata: “Come ha potuto? Come ha potuto fare una cosa del genere?”, dice a proposito della sua amica. In altre circostanze sarebbe tentata di dirsi che arrabbiarsi è una reazione inappropriata, ma siccome sta facendo Focusing si limita a dire a quel luogo: “Ti ascolto”, e continua ad aspettare. Interessata e curiosa di vedere cos’altro c’è.
Dopo un minuto comincia a sentire che questa parte di lei è anche triste. “Triste” la sorprende; non se lo aspettava questo “triste”. Domanda: “Cos’è che ti rende triste?”. In risposta, sente che ha a che vedere con l’essere smentita. Attende, c’è dell’altro. Oh! E’ il fatto di non essere creduta! Insieme a questa risposta – “E’ il fatto di non essere creduta” – arriva un’ondata di ricordi: tutte le volte che aveva raccontato all’amica quanto era difficile lavorare per il suo capo. E’ una sensazione di: “E’ come se non mi avesse creduto!”.
Ora la nostra Focuser prova sollievo nel corpo. C’è stato un passo. L’emergere di quel “triste” dopo la rabbia era un altro passo. Il processo del Focusing consiste in una serie di passi di cambiamento, in cui ciascun passo porta intuizioni nuove e un nuovo sollievo fisico, un aha! Finisce qui? La donna potrebbe, volendo, fermarsi qui. Ma se volesse continuare tornerebbe a quella sensazione di “E’ il fatto di non essere creduta”, portando anche qui una curiosità interessata. Potrebbe darsi che per lei non essere creduta abbia un significato speciale, qualcosa che è legato alla sua storia, qualcosa che produce sollievo quando viene ascoltato e compreso.
Focalizzare genera comprensione e sollievo, ma non solo questo. Genera anche comportamenti nuovi. Nel caso di questa donna possiamo facilmente immaginare che il suo modo di essere con l’amica tenderà a essere più aperto, più realisticamente fiducioso. Può anche darsi che questo “non essere creduta” coinvolga altre aree della sua vita, e che in seguito al processo si verifichino cambiamenti anche in quelle. Il nuovo comportamento avviene naturalmente, facilmente, senza alcuno sforzo o imposizione. Il che ci porta alla terza caratteristica del Focusing.
La terza caratteristica o aspetto chiave che contraddistingue il Focusing dagli altri metodi di consapevolezza interiore e di crescita personale è una filosofia radicale dei fattori che facilitano il cambiamento.
In che modo si cambia? In che modo non si cambia? Se siete come molti di coloro che si accostano al Focusing, probabilmente vi sentirete bloccati o arenati in una o più aree della vostra vita. C’è qualcosa nel vostro modo di essere, nel vostro quotidiano o nel vostro modo di sentire e reagire alle cose che vorreste cambiare. E’ del tutto naturale. Ora però proviamo a mettere a confronto due diversi approcci a questo desiderio di cambiamento.
Il primo dà per scontato che se vogliamo che le cose cambino dobbiamo farle cambiare noi. Dobbiamo agire sulla situazione in qualche modo. Potremmo definirlo l’approccio del Fare/Risolvere. L’altro modo, che chiameremo l’approccio dell’Essere/Assecondare, parte dal presupposto che per natura le cose cambiano e si trasformano e che se qualcosa sembra immune al cambiamento c’è bisogno di dedicargli attenzione e consapevolezza, con un atteggiamento di lasciarlo essere com’è pur restando aperti ai suoi possibili sviluppi.
La nostra vita quotidiana è profondamente permeata dall’ideologia del Fare/Risolvere. Quante volte, nel confidare un problema a un amico, avete ricevuto in cambio consigli su come risolverlo? Anche molte delle moderne psicoterapie sposano questo punto di vista. La terapia cognitiva, ad esempio, chiede di cambiare il proprio stile di auto-riferimento. L’ipnoterapia suggerisce spesso nuove immagini e convinzioni da sostituire alle vecchie. Per cui la filosofia dell’Essere/Assecondare, messa in pratica dal Focusing, è una filosofia radicale che capovolge le nostre ordinarie aspettative e convinzioni circa la realtà. E’ come se vi dicessi che la sedia su cui siete seduti vorrebbe diventare un elefante e che basterebbe offrirle un’attenzione interessata per dare il via alla trasformazione. Che idea pazzesca! Ed è altrettanto pazzesco, dal punto di vista di certe parti di noi profondamente radicate, l’idea che una nostra paura, ad esempio, potrebbe trasformarsi in qualcosa di ben diverso dalla paura se le offrissimo un’attenzione interessata.
Quando le persone che conoscono il Focusing parlano di “saggezza del corpo” intendono dire questo: che la sensazione significativa “sa” cosa ha bisogno di diventare con la stessa certezza con cui il neonato sa di aver bisogno di calore, conforto e cibo. Con la stessa certezza con cui il seme di ravanello sa che diventerà ravanello. Non c’è mai bisogno di dire alla sensazione significativa cosa diventare; non c’è mai bisogno di farla cambiare. C’è solo bisogno di fornire le condizioni che le consentono di cambiare, come un bravo ortolano che si preoccupa della luce, del terreno e dell’acqua ma non chiede al ravanello di diventare cetriolo.